“Casa Ain Karim”

 

Presso la nostra Fraternità si sta vivendo questa preziosa esperienza di accoglienza. I giovani che la vivono la raccontano così…

Questo brano biblico sembra, ad una prima lettura, entrare in contraddizione con un Dio che si fa vicino ad ogni uomo nella sua quotidianità. Infatti potrebbe sorgere la seguente domanda: perché le tue promesse non dovrebbero realizzarsi qui, nella terra che già ora mi hai concesso di abitare? Verrebbe da rispondere con altre domande: è vero, già ora c’è del bene nella terra che abiti, ma con quale sguardo lo consideri? E dove ti conduce questo bene? Se ti conduce fuori dalla porta di casa, sei sulla buona strada. Se ti conduce al divano in salotto, è ora di cominciare il tuo viaggio. Presto o tardi, ogni giovane intuisce la bontà di queste parole, anche se rischia di fraintenderle. Se infatti sono molti che desiderano lasciare la “casa del padre”, non di rado tale desiderio si fonda più sulla ricerca di una generica autonomia, di voler decidere per sé, talvolta sulla spinta di una rivolta adolescenziale contro i propri genitori: tutte mozioni comprensibili e forse inevitabili, ma in sé ancora insufficienti alla costruzione di una persona adulta. Qual è allora la “casa del padre” che siamo invitati ad abbandonare? Si potrebbe intendere come la visione distorta che si ha di se stessi, piena di falsi giudizi, angoscia e scelte difensive, andata costruendosi sin dai primi anni dell’infanzia: “Io sono questo e quest’altro. Sono fatto così”. Ma quando diciamo “io” chi intendiamo veramente? Difficilmente ci riferiamo al nostro essere figli amati di Dio. La famiglia, le amicizie di sempre: sono tutte ricchezze immense, ma sono anche i primi ambiti  nei quali ha avuto luogo questa alienazione da sé, e per riconoscerle nella loro bellezza c’è bisogno di prenderne le distanze. Bisogna aderire a quel viaggio interiore che porterà ad abbandonare le antiche strutture e ad integrarle nell’uomo nuovo che preme per nascere (ecco l’”io” autentico dei figli di Dio!).

Il progetto “Casa Ain-Karim” si propone di offrire a noi giovani, oltre che un accompagnamento spirituale adeguato, un tempo e uno spazio entro i quali compiere questo viaggio tanto delicato quanto fondamentale; il tutto all’interno di un contesto molto particolare: la  fraternità. Se c’è, come visto, un’autonomia autoreferenziale, ne esiste anche una condivisa, fondata sulla comunione, decisamente meno popolare. Darsi la possibilità di viverla con tutti i propri limiti aiuta a identificare e sciogliere piano piano tutte le vecchie resistenze e a riconoscersi nello sguardo benevolo dell’altro e sull’altro.

Ain-Karim è secondo la tradizione il nome della località dove dimoravano Elisabetta e Zaccaria, luogo in cui due donne appartenenti a generazioni diverse hanno riconosciuto con uno scambio reciproco la presenza del Signore, nonché la realizzazione delle sue promesse nella propria storia e in quella dell’altra (Lc 1, 39-56). Come Elisabetta per Maria, la comunità dei frati diventa per noi giovani accolti luogo e stimolo per scoprire i prodigi che si stanno compiendo in noi e a quale pienezza di vita siamo chiamati; come Maria a Elisabetta, la nostra presenza rivela alla comunità il continuo agire del Padre.

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Noi giovani in accoglienza viviamo le nostre giornate in modo non dissimile da quello di qualunque nostro coetaneo. La specificità della proposta risiede nel vivere in comunione fraterna il tempo non dedicato allo studio/lavoro che quotidianamente impegna ciascuno di noi. Non si tratta di un semplice condividere i pasti o i dopocena, ma dell’affrontare ogni lavoro richiesto dalle circostanze in un’ottica comunitaria, secondo le naturali predisposizioni di ciascun componente. Sotto questa luce è pensata la sistemazione degli spazi, con tinteggiature e montaggio del mobilio, nonché il servizio di pulizia e di cucina: tutto compiuto con i fratelli e per i fratelli. Al lavoro è unita la preghiera, che siamo invitati a vivere personalmente, tra di noi e insieme alla comunità ospitante dei frati.